Fin dai tempi in cui l’area del Monte Maggiore era abitata dalle tribù slave, il passaggio dall’inverno alla primavera significava una simbolica, ma anche una vera e propria “rinascita”. Le condizioni metereologiche diventavano sempre più piacevoli, i prodotti alimentari erano più accessibili e, di conseguenza, l’alimentazione era più varia. La primavera portava un risveglio e nuova energia alla natura, ma anche alle persone. Questi cambiamenti erano visibili anche nei piatti. Al posto di sostanziosi cibi invernali, i piatti si riempivano di verde.
Innanzitutto, si utilizzavano i prodotti selvatici del bosco, che da sempre facevano parte dell’alimentazione mediterranea come gli asparagi, le ortiche, i cipollotti, che si sposano bene con la cane d’agnello. Soprattutto nell’entroterra dove prevaleva un’alimentazione più sostanziosa ispirata dai prodotti del bosco. Oltre alla minestra di verdure, sulla costa si preparavano piatti a base di frutti di mare e pesci, principalmente piccoli pesci azzurri, ma anche deliziose orate, che nei mesi primaverili si possono trovare vicino alla costa. Il contorno ideale per piatti leggeri primaverili era la bietola, cotta e condita con qualche goccia di olio d’oliva.
Tra i frutti, la primavera è contrassegnata dalle fragole e dalle prime ciliegie.